giovedì 10 settembre 2015

Murphy is nothing - 2



Varcato il confine tra California e Messico, scattò la...


...Fase 2: prendere il taxi.

Tanto, peggio di così non può andare...

In effetti sembrava solo esserci l’imbarazzo della scelta: davanti a noi si presentava almeno metà della produzione di Detroit di un decennio.
Peccato che fosse il decennio tra il 1971 ed il 1980: alcune di quelle auto erano più vecchie di me e peggio mantenute di me, l’imbarazzo consisteva nel scegliere quella meglio in arnese.

Optammo per quella di colore improbabile e discreto coprivolante in peluche marrone a pelo corto.
L’improvvisato taxista passò da un incontenibile entusiasmo tipicamente latino (quando si rese conto di aver trovato dei clienti), ad una marmorea delusione (quando ci contò e capì che eravamo in 6); ne seguì un’estenuante trattativa per convincerlo a caricarci tutti, in cui la spuntammo quando uno di noi indicò a casaccio nella massa di lamiere malconce, sostenendo che “quello là” ne avesse caricati anche 7 e che un altro sicuramente ci avrebbe portati dove volevamo.
Il nostro potenziale autista mise sulla bilancia il rischio di perdere i nostri soldi vs. il rischio di prendere una multa; in realtà questa era una nostra supposizione: non potevamo sapere che le multe per infrazione del codice della strada fosse l’ultima delle preoccupazioni degli autisti e dei poliziotti di Tijuana.

Comunque salimmo; quando chiusi la portiera con decisione, temetti per l’integrità del vetro e della portiera stessa, mentre il tassista da week end biascicò un “demasiado fuerte” ed altre cose che per fortuna non capisco lo spagnolo, ma tutt’ora nutro il dubbio avessero attinenza con l’attività professionale di mia madre, in particolar modo in orario notturno.

Qualcosa tra il commercio e le pubbliche relazioni, ma non ci giurerei.

Comunicato l’indirizzo di destinazione, l’espressione del nostro caronte mangiafagioli ci fece supporre che non fosse esattamente di suo gusto, ma ormai eravamo saliti e tanto valesse rischiare; l’espressione fu anche accompagnata da altre dichiarazioni nella sua lingua: credo stesse avanzando l‘ipotesi che le madri dei miei compagni di viaggio fossero colleghe della mia, tutte con una curiosa predilezione per l’ippica.


Fase 3: Fiesta!
O quasi.
Fedeli al vecchio adagio “fidarsi è bene, non fidarsi è meglio” e poco incoraggiati dallo stato delle abitazioni vicine, alcuni dubitano che la festa fosse quell’evento imperdibile che ci eravamo immaginati: io ed altri due ci armiamo di coraggio e partiamo ad esplorare.

Tanto, peggio di così non può andare...

Appena varcata la porta la scena fu:
  • individuo, presumibilmente maschio, bianco, tshirt stracciata e stinta di gruppo sconosciuto, che si muoveva in modo scomposto e comunque poco attinente alla musica
  • coppia di esseri umani, di sesso non definito (causa illuminazione al livello “profondità oceanica, di notte”) e non necessariamente opposto, impegnata a limonare duro su di un lacero divanetto
  • vecchio stero portatile malconcio, modello ghettoblaster, poggiato sul pavimento, da cui usciva una nenia che al confronto “Mad World” di Gary Jules sembrava YMCA (se non conoscete Mad World, è questa qui https://youtu.be/4N3N1MlvVc4)

Ora, dei vecchi adagi non c’è sempre da fidarsi: per dire, tra “un libro non si giudica dalla copertina” e “la prima impressione è quella che conta” chi ha ragione? Noi decidemmo prontamente di dar credito al secondo: forse, se avessimo avuto più coraggio, avremmo potuto scoprire che in giardino si stava svolgendo un party degno della Playboy’s Mansion, chissà, ma non lo sapremo mai e dovremo convivere con questo con questo rimpianto.

Uscimmo da quel tripudio di gioia e facemmo salire tutti in macchina con la stessa prontezza di rapinatori fuori da una banca: a bordo, con un veloce conciliabolo, si stabilì di andare in Avenida Revoluciòn (via dove si concentrano locali e discoteche).
Va detto che Avenida Revoluciòn era la prima destinazione proposta da Gonzalo il Guidatore (1): le sue considerazioni sbiascicate si estesero dalle nostre madri alle nonne e anche oltre, comprendendo almeno tre generazioni, ascendenti e discendenti, in linea femminile.


Fase 4: Fiesta! (di nuovo, che la fase 3 non era riuscita tanto bene)
Arrivati, fummo sbrigativamente salutati da Gonzalo, che ripartì in tutta fretta: ci disse che aveva un impegno urgente, oppure comprese nelle sue dichiarazioni anche la parte maschile delle nostre famiglie, avanzando dubbi sulla reale virilità, boh.

Il programma prevedeva, a questo punto, di ricorrere alla scorta di alcoolici fatta per la festa, per “caricarci” prima di entrare in qualche locale.

Già, gli alcoolici: non ci stavamo più pensando.
Avevamo portato con noi due sacchetti pieni di bottiglie: uno con gin, vodka e affini, l’altro con cola, limonata ed altro per fare dei cocktail.
Chissà perché, il secondo rimase sull’auto di Gonzalo: i suoi figli avrebbero bevuto bibite e succhi di frutta brindando alla salute nostra e delle nostre madri professioniste.
Comunque, il più era fatto e potevamo pure adattarci a bere un po’ di alcool liscio, no?

C’infilammo in una traversa dotata di panchine e stappammo.

Tanto, peggio di così non può andare...

Prima ancora di fare un sorso, ricevemmo un assaggio del tipico colore locale, nei panni di un tizio molto magro, molto pallido ed avvolto in un impermeabile molto lungo.

Un impermeabile lungo, ad agosto e non pioveva da qualche mese.

"Nei panni" letteralmente, perché non facemmo nemmeno in tempo ad allarmarci per l'evidente stato malaticcio del tizio che questo, BLAM! spalancò l'impermeabile: nelle molte tasche interne c'era il più ricco assortimento di stupefacenti che si potesse immaginare; coca, hashish, eroina, LSD, marjuana: Francisco lo Spaccino (2) snocciolò con perizia l'intero campionario, assicurando di avere buoni prezzi e garantendo qualità eccellente.
Un po' intimoriti, declinammo ("ma, forse..." suggerì timidamente un nostro compagno di viaggio, "NO, DECLINIAMO", rispondemmo con una certa fermezza noi altri) ed offrimmo un sorso per suggellare un opportuno patto di amicizia Italia-Mexico, che non si sa mai.
Francisco prese con noncuranza il nostro rifiuto a comprare, ma rifiutò con un certo fastidio i nostri alcoolici e si dileguò.
Si vede che è astemio, pensammo.

Tanto, peggio di così non può andare...

A questo punto, arrivò la polizia.





(1): no, non si chiamava Gonzalo, né credo di aver mai saputo come si chiamasse – in ogni caso non me lo ricordo – il nome glielo attribuisco io adesso, perché sto finendo i sinonimi
(2): altro nome inventato, a nessuno di noi venne in mente di chiedere come si chiamasse, di questo sono sicuro

Nessun commento:

Posta un commento