venerdì 11 settembre 2015

Quando il duro lavoro paga

Alberto (nome ovviamente di fantasia) non era uno dei miei studenti più brillanti: buono come il pane, una persona come ce ne vorrebbero di più, tanto impegno, ma proprio la mia materia non gli entrava in testa e veleggiava stabilmente sul 2; sia lui che io c'intestardimmo e lavorammo sodo per preparare il prossimo compito in classe.

Risultato: 4 (che è sempre il doppio di 2, ma porcaputtana non è 6).

Mentre gli mostravo gli errori ("checazzo, questa la sapevi, perché mi hai scritto 'sta cagata?!? E qui? Proprio il giorno prima me l'avevi ripetuta perfetta tutto da solo!"), ero concentrato a dimostrargli che, nonostante tutto, la sufficienza (o almeno il 5) poteva anche essere alla sua portata... e, per lo stesso motivo, m'incazzavo anche un po'.

Rialzo la testa dal suo compito, temendo di aver esagerato, temendo di essere stato un po' troppo duro.
E invece lo trovo serissimo e soddisfatto: "Prof, c'ha ragione lei: sono stato un coglione."

"Beh, adesso non esageriamo..."

"No, prof, c'ha ragione, anzi, la ringrazio che mi ha messo 4."

"Mi ringrazi?!?"

"Eccerto, prima pigliavo 2!"

"No, calma: sei tu che ti sei meritato di passare da 2 a 4 con tutto il lavoro che hai fatto, se non molli il prossimo può essere un 6."








"Si, vabbé, comunque, prof, non si preoccupi: se ci rubano la moto, me lo venga a dire a me che ci penso io."


E son soddisfazioni.

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