lunedì 14 settembre 2015

Murphy is nothing - 4


[la parte 1 la trovate qui]
[la parte 2 la trovate qui]
[la parte 3 la trovate qui]


Fase 6: una fazza, una razza


Situazione attuale: siamo tutti e 6 seduti sul lato sbagliato di un cellulare della polizia di Tijuana, in compagnia di due ubriaconi svenuti e di un tale Fernando o' Femminiello che solo da pochi minuti ha smesso di chiedere a noi maschietti se avessimo bisogno di compagnia.
Destinazione: il locale commissariato di polizia, dove avremmo trascorso la serata, in attesa di pagare una multa il giorno seguente.


"Tanto, peggio di così non può andare..."



Ricordo che lo stesso "giorno seguente" avrei dovuto prendere l'aereo per tornare a casa.



Paolo ed il suo amico proseguirono a parlamentare con Felipe il carabiñero, nella vana speranza di trovare una via d'uscita, nonostante la ferma opposizione del tutore della legge.

Al quarto tentativo uno dei due mangiò la foglia e giocò il jolly, "E se la multa te la paghiamo subito?": scintillio negli occhi di Felipe, debole resistenza, cambio di argomento della discussione, da "lasciaci andare" a "quanto è la multa".

"Quanti soldi avete?"

Un funzionario pubblico che è disposto a chiudere un occhio in cambio di una piccola oblazione a suo favore: in fondo Felipe voleva farci sentire come a casa nostra.
Avete presente quando ci siamo riuniti davanti allo scaffale con la pasta Barilla? Ecco, più o meno la stessa cosa, solo con un meno entusiasmo ed a pagamento; la dura trattativa ci portò ad una significativa vittoria: ci avrebbero lasciato qualcosa per andare in un locale e per il taxi che ci avrebbe riportati al confine.

Personalmente contribuii con 70$.


Soddisfatto della colletta, Felipe berciò qualcosa al guidatore che inchiodò prontamente: liberi! Non restava che uscire da quel cubicolo, tirare un bel respiro come Andy Dufresne (6) e saltare giù dal predellPLAF! 

Dovete sapere che la mobilità di Tijuana non si basava solo su auto tenute insieme con nastro isolante, qualche preghiera e tanta speranza, ma contemplava anche la cara, vecchia trazione animale: ecologica, economica e collaudata.
Per carità, non priva di difetti: uno di questi era stato depositato, in discreta quantità, da qualche mite equino esattamente dove i nostri piedi avrebbero poggiato, per inaugurare nel migliore dei modi il nostro primo passo dopo la galera.

Su sei che eravamo, i primi quattro pestarono tutti il merdone e solo agli ultimi due venne il dubbio che le colorite imprecazioni di chi scendeva non fossero manifestazioni di gioia (io ero l'ultimo della fila).

E ora? Avevamo girato dentro quel cazzo di cellulare per una buona decina di minuti: dove cazzo eravamo? Come tornare in Avenida Revoluciòn? 
Il premuroso Felipe ci venne incontro e ci spiegò che quella via piena di luci che si vedeva all'inizio del vicolo era proprio Avenida Revoluciòn: nella "buona decina di minuti" non avevamo fatto altro che girare in tondo.

Non volevamo sapere altro: al primo locale "ingresso 10$!!! All U Can Drink!!!" c'infilammo con la precisa intenzione di bere fino a dimenticare tutto.


"Tanto, peggio di così non può andare..."


Fase 7: al prossimo che dice "tanto, peggio di così non può andare" gli esco le lame così forte che mannaggiaamaradona poi mi potete chiamare Gilette

Dopo gli eventi della serata, il locale era esattamente quello che ci potevamo aspettare: squallido.
Cocktail annacquati, musica scadente, pubblico di ragazzotti americani che si ubriacano con una birra, figuriamoci con un gin tonic.

Il tizio di Torino condivideva le mie impressioni, ma rimaneva fondamentalmente positivo: "Dai, alla fine ce l'abbiamo fatta, no?"
"Ma sì, alla fine sì", mi feci convincere.

Ma lui commise un errore.
Imperdonabile.



"Tanto..."


Non dirlo...


"...peggio di così..."


Non ti azzardare...


"...non può..." 

Per l'amor di Dio, non...

"...andare!"



Ecco, l'aveva detto.



In quel preciso istante si materializzò l'amico di Paolo: "C'è un problema..."

Il torinese era ammutolito, io avevo perso le speranze: "cosa è successo, ancora?!?"
























"Hanno arrestato Paolo."

"Non credo di aver capito bene..."









"Hanno arrestato..."

"Ok, allora avevo capito"


Respiro profondo.


"Vediamo di riassumere: abbiamo fatto un viaggio in macchina che sembrava guidasse Kermit la Rana, abbiamo preso un taxi che appena torno a casa faccio l'antitetanica, abbiamo schivato per un soffio una festa in cui il momento più divertente sarebbe stato il coma etilico, ci hanno arrestato, abbiamo pagato una tangente per uscire, ci hanno liberati giusto giusto sopra un'enorme merda di mulo e tutto per poter venire nel più triste locale del centro america.
E adesso mi stai dicendo che Paolo è stato arrestato.
Di nuovo.
Dimentico qualcosa?"

"No, non credo..."

"Benissimo, ora spiegami con calma come è andata mentre io accendo un cero alla Madonna..."

Molto semplice: vi ricordate quel timido suggerimento di acquistare qualcosa da Francisco lo Spaccino? Beh, era Paolo(7).

Evidentemente quell'occasione persa gli aveva lasciato un po' di amaro in bocca, un certo languorino o forse aveva più voglia di qualcosa di buono, ed era uscito a cercarlo.

"Ok, è uscito dal locale alla ricerca di uno spacciatore, e poi?"

"Ovviamente non sapeva da che parte cominciare per trovarlo, si è guardato in torno..."

"...e poi?"

"Ha provato a chiedere dove potesse trovare della roba al primo che ha incrociato..."

"...e poi?"























"Era un poliziotto in borghese."





Distintivo, manette, colletta, tangente, libero.


Quello sembrò a tutti un buon momento per averne abbastanza di Tijuana e tornammo a casa.

[L'anno seguente tornai in California e feci un altro giro a Tj: molto veloce, rigorosamente di giorno, rigorosamente astemio; non capitò nulla, almeno a me, ma questa è un'altra storia.]

(6): è il protagonista di questo film
(7): ecco spiegato il motivo del nome fittizio

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